Il bosco dei Frati Bianchi

La presenza dei monaci Camaldolesi

Il bosco dei Frati Bianchi invece deve la sua sopravvivenza alla naturale posizione scoscesa ed a tratti rupestre, che ha impedito all’uomo la messa a coltura del suo territorio. In questo bosco, residuo di antiche foreste, è stata anche di estrema importanza la secolare presenza dei bianchi monaci camaldolesi, i quali con articolare sensibilità nello sfruttamento delle risorse naturali si prodigarono costantemente per la sua conservazione.

L ‘area boschiva anticamente era molto più estesa, tanto da meritarsi l’appellativo di Selva della Romitella o dell’Heremita.

San Giacomo della Romita

Il toponimo appare intorno al Mille e rivela chiaramente un luogo abitato da eremiti, che qui costruirono il monastero di San Giacomo de Heremita o de Heremita Mandriole, oggi denominato S. Giacomo della Romita, in gergo frati neri. La Selva della Romitella sino al 1300 poteva unirsi alla Selva di S. Giovanni, che si estendeva dal sottostante fosso omonimo fino alla contrada Colmorino; ancora esistente nel ‘500 venne tagliata nei secoli successivi.

Accanto alla selva, nei pressi del fosso viene ricordato intorno al XVI secolo anche un boschetto di abeti sicuramente introdotti dall’uomo. Vi era una selva anche in contrada Spescia di Poggio Cupro; infatti il toponimo ritrovato nei catasti del 1500 (Archivio Storico Comunale di Cupra Montana) deriva da “spissus” = folto; esso rievoca dunque la presenza di boscaglie dense ed intricate in quest’area limitrofa alla precedente.

La contrada, oggi denominata Spezzo, conserva ancora un piccolo lembo di bosco estremamente degradato detto del Cascatore, che ciononostante presenta ancora alcune caratteristiche igrofile grazie al fosso che lo attraversa, anche se vi scorre acqua solo per pochi mesi l’anno.

La contrada Mandriole invece compare intorno al decimo secolo; essa era zona adibita allo “jus pascendi” (diritto di pascolo), in quanto situata in tratti relativamente pianeggianti. Della Selva della Romitella resta oggi (oltre al bosco dei Frati Bianchi) soltanto una esile fascia di vegetazione naturale a ridosso del monastero di S. Giacomo della Romita, mentre ancora nel 1563 le selve de la remita erano ispezionate dai soldati del Commissario papale.

E nel 1799 “un Bottanico viaggiatore capitato alla nostra Eremita di Massaccio, e veduta la Mandragora maschia e femina in quella selva, le estrasse tosto amendue con ogni facilità come le altre radici, senz’aiuto di verun cane, e senza impostura veruna“.

Il bosco dei frati bianchi

La selva divenuta molto ristretta già ai tempi del Menicucci (1748 -1818), rimase tale sino ai primi decenni dell’Ottocento, e mentre quelle di S. Giovanni e della Spescia erano già un ricordo, la selva de’ PP. Romiti Camaldolesi immersa in quel “solitario paradiso d’uccelli” (come dirà poi Luigi Bartolini), continuava ad esistere proteggendo magnificamente l’isolamento dell’Eremo delle Grotte di Massaccio; dove, oggi come allora, basta allontanarsi di qualche passo lasciando ogni preoccupazione, per scorgere l’acqua del Fosso dei Corvi che “da secoli lava i cenci della (locale) storia”.